Risolvo i problemi riconoscendone la struttura emozionale, la parte invisibile e sostanziale dell'iceberg.
Da Cartesio in avanti la nostra cultura ha considerato le emozioni come disturbi alla razionalità, e dunque
ha tentato di negarle, soffocarle o controllarle, e ha trascurato la possibilità di utilizzarle per agire responsabilmente e per condividere la realtà.
Da una quindicina di anni però l’emozione è riconosciuta come un processo di computazione intelligente.
L’emozione emerge da una struttura di presupposti (spesso assunti inconsapevolmente) e da un sistema di relazioni (che limita e dirige la nostra attenzione).
Grazie a questa comprensione è diventato possibile riconoscere come si muove la nostra attenzione, e dunque a rilevare i presupposti su cui si
fonda ogni emozione per poi negoziarli esplicitamente e così rendere risolvibili i problemi con noi stessi e con gli altri.
Il modello è sempre lo stesso, sia per interventi individuali che per lavori di gruppo o di organizzazione.
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